Camminavo da solo. Lungo una giungla di asfalto. Tutto era rovente. Il Sole, l'aria. Saliva il calore anche del pavimento.

Intendo dire letteralmente dal marciapiede. Assurdo.

Stridevano le vote delle macchine, anche quelle delle bici. Era preposto. Qualche anno fa. Stavo per entrare e lavoro.

Ero in ritardo e correvo in bici. Nonostante tutto ho pensato di fermati per un caffè.

Che vuoi che sia, 5 minuti per una tazza calda e via.

Allora, fermo la bici. Scendo della sella, la appoggio sotto il portico, vicino una colonna.

Mi giro verso il bar. Ed ecco. Una persona su una sedia a rotelle.

Ha indosso delle cuffie musicali, non collegate a nulla. Fanno solo parte della scena, un oggetto di outfit.

Una cassa bluetooth sotto di sè e una base musicale che va in sottofondo.

Lui suona leggiadramente la sue fisarmonica.

Una melodia incalzante che insegue la base musicale. Lui sorride. Di un sorriso naturale, genuino.

Lui sta suonando a cappello. Pochi spiccioli nel cappello in vero. Ma Lui non se,bra preoccuparsene particolarmente.

Fa caldo. Tutte le persone intorno a lui corrono, alcune corrucciate, altre disinteressate, altre a testa bassa che lo ignorano.

È agosto, Bologna è vuota.

Tranne che intorno a Lui.

Un crocevia di persone.

Lui sembra avere poco o nulla. Ma in quel frangente, in quel perfetto attimo, il suo sorriso mi ha illuminato. Come se non ci fosse altro.

Lui in quel momento mi sembrava essere la persona più felice della Terra. E forse lo era.